mercoledì 23 aprile 2008

SIAMO EDITORI INDIPENDENTI!

Al Lettore indipendente, senza soggezioni ed interessi di bottega, chiediamo di recensire questo romanzo

7 commenti:

Stefano DM ha detto...

Una scrittura pulita,limpida per raccontare una storia straordinaria,
di forza,tenacia e amore.Leggere questo romanzo mi ha fatto vivere,o meglio capire la storia dei nostri padri, di cio' che e' stata la guerra ,di chi l'ha fatta e di chi l'ha subita. Gran bel romanzo. Sara

Francesco ha detto...

Il romanzo mi ha fatto entrare in un mondo che non conoscevo: la guerra, le sue violenze, l'amore condizionato da un destino crudele.
Tenero è il rapporto di Gabriele con il barone, appassionato il suo amore per Irina; il sole di Napoli e la neve di Mosca occupano il suo cuore in modo lacerante.
Ho letto il romanzo in due giorni ma mi sono ripromesso di rileggerlo perchè devo approfondire tanti fatti di storia della seconda guerra mondiale e dei personaggi storici menzionati
Francesco Maria Nappi

Giusy ha detto...

'Samara Alata' è un romanzo che mi ha lasciato molte emozioni tristi,ma anche tanta speranza nella forza dell'amore.E' un romanzo sulla violenza della natura e dell'uomo,sul destino cieco e sul suo gioco infernale,sulle passioni che montano irrefrenabili e stravolgono la vita.Ma anche sulla tenacia del sentimento capace di ricostruirle,cosi' Mariuccia mostra una fiducia ed una forza che spero venga premiata...come la storia lascia intendere.Ma non voglio svelare nulla!E' da leggere
Giusy

Annarita ha detto...

Mentre leggevo è stato irrefrenabile l’istinto di fermarmi, chiudere per qualche secondo gli occhi e cercare di immaginare i volti, le espressioni dei personaggi, siano esse state di dolore, di gioia o meglio ancora di passione. La mia voglia di dare un “volto materiale” ai protagonisti credo sia scaturita dall’attenzione che l’autrice ha avuto per le descrizioni, tanto per quelle dei luoghi, utilizzando appunto per ogni circostanza l’adeguata sfumatura, tanto per quelle che rappresentavano delle vere e proprie scopie dell’animo dei personaggi. Un libro ricco di valori e memorie, tradizioni, avvenimenti storici, tutte cose che molto spesso noi giovani tendiamo a sottovalutare, probabilmente a causa della nostra poca conoscenza di esse, “samara alata” è riuscito anche per questo a prendermi.

Simona ha detto...

Un piccolo germoglio non fa in tempo a crescere, un bellissimo albero viene sradicato ma, in un luogo, il seme piantato sopravvive.
La Samara ritorna, ritorna a Napoli, morirà dove nacque. Certo, le ali sono spezzate, le ferite, anche se rimarginate, non permettono un volo planato, ma non importa.
Lontano dalla sua terra, in una nuova casa, nel silenzio, Gabriele ha costruito l'amore per riconoscerlo, come d'incanto, nei grandi occhi neri della sua giovinezza.
Egli ha creduto di inseguire il vento: è un uomo ed il vento sceglierà per lui sino alla fine. Quel vento è donna e, forse, ha in Mariuccia la sua confidente, ella sa.....Perdonerà? Si assolverà per non aver pianto la morte?
Una prosa delicata, inconfondibile. Dalle prime righe si avverte che c'è qualcosa di diverso, di ammaliante: è la sapienza della scrittura che prepotentemente si impone. La possibilità di far dire alle parole tutto ciò che si vuole e, scegliere, tuttavia, di restituire ad ogni singola espressione il suo originario significato.
Una scrittura ed una storia che non richiedono una scelta: quale l'espressione più significativa? Quando l'avvenimento fondamentale? Tutto è necessario.
Chi incomincia a leggere non può fare a meno di continuare, non è un libro che si abbandona a metà lettura, che si riprende dopo qualche giorno. Si legge d'un fiato e ci si appassiona ad esso un attimo dopo, quando si è letta l'ultima parola.

Resta un ricordo, una vita lontana, un attimo prima hai creduto di viverla...
Simona

samara ha detto...

Presentazione di Ermanno Corsi
Sorrento, Sala Consiliare, 23 maggio 2008

Quando si legge un libro e poi si prende l’impegno di presentarlo, uno cerca di mettersi dalla parte del pubblico, di chi ascolta. E, per scrupolo, cerca di metterlo subito a proprio agio, portandolo dentro al libro per fargli sentire meglio lo sviluppo della riflessione e della discussione, in modo che diventi molto partecipe di quello che sente per poter, per prima cosa, ritenere che il libro è interessante e che merita di essere letto per gli approfondimenti che sente di dover fare.
Ora, nel caso di questo libro di Annamaria Amoroso, “Samara Alata”, non bisogna insistere troppo per far sorgere nell’ascoltatore il bisogno di approfondire leggendolo, per cui cercherò di portare l’ascoltatore un po’ per mano nella trama e nel contenuto del libro. Alla fine, sarà inevitabile la decisione di prenderlo, portarlo a casa e leggerlo.
Quello che posso aggiungere e che, pur essendo un libro di molte pagine – supera le 230 – si legge molto velocemente; è un romanzo dove l’autrice sa catturare molto bene l’attenzione; cattura molto bene l’attenzione perché è una trama ampia che si dispiega su di un arco temporale di almeno trenta anni e che si rifà ad un contesto storico a noi vicino. Sorge perciò anche questo altro interesse: vedere dentro questo contesto di trent’anni cosa è successo nel nostro paese, cosa è successo fuori, qual è la conclusione alla quale la trama perviene. Quindi romanzo di trama ampia che si rifà alla tradizione del romanzo di grande respiro della letteratura dell’Ottocento e del Novecento, non soltanto italiana e non soltanto europea; esso si sviluppa dentro ad una coralità di personaggi ed anche con una emozionante successione di eventi, su un arco di tempo che va dallo scoppio della II guerra mondiale fino all’approdo della distensione internazionale, come possono essere gli anni ’70, percorsi, almeno da una parte della narrazione, da quei residui di stalinismo per cui, attraverso questo libro, abbiamo anche un’idea di come avveniva la repressione del dissenso in Unione Sovietica.
Allora, volendo dire qual è il percorso, esso si apre con la Russia e si conclude con una pagina tutta napoletana, divertita e divertente anche nei toni che vengono usati. Quindi dalla Russia all’Ospedale Loreto di Napoli.
Seconda guerra mondiale, campagna in Russia dove l’armata italiana, l’ARMIR è presente tragicamente con ben 230 mila soldati: è un’armata che resiste lungo il Don, è una resistenza eroica e disperata, almeno dal mese di agosto a novembre in luoghi percorsi già prima da altri con l’illusione di entrare a Mosca e metterla a ferro e a fuoco. Il 16 dicembre 1942 è il giorno di un diluvio di morti: il protagonista Gabriele si trova nel blocco centrale dell’armata e si perde, mai nessuno lo avrebbe trovato. Mentre questo succede in Russia, la narrazione ci porta a Napoli, dove nell’entroterra Gabriele, contadino fino all’età di venti anni, diventa autista di un barone. Nella casa di questi c’è Mariuccia, una ragazza senza radici, poco esperta della vita, abbandonata dalla madre nell’orfanotrofio. Gabriele soddisfa con lei i suoi desideri sessuali, però poi, quando la mette incinta la sposa. È un matrimonio che senz’altro viene consumato; però poi non c’è tempo di viverlo e quindi, da parte di Gabriele, di assumersi le conseguenti responsabilità; del resto non ha neanche il tempo di farlo, perché la guerra infuria e c’è la chiamata alle armi. Gabriele parte per la Libia e le disavventure sono una dietro l’altra, il suo piroscafo, il “Conte Rosso”, affonda, lui che non sa nuotare, viene salvato da un compagno. I sopravvissuti di questo naufragio approdano ad Augusta. Gabriele trascorre qui la sua licenza, qui incontra Teresa e soddisfa questa strana e per molti versi straordinaria donna; soddisfa il suo desiderio di avere un figlio. Delusa dalla precedente esperienza, si potrebbe pensare persino ad un intrigo familiare o ad un incesto, comunque lei vuole avere una vita tutta sua con un figlio. Quello di Augusta per Gabriele è soltanto un breve soggiorno. Dal Comando di Torino viene messo in marcia verso l’Europa dell’Est, con tappe di 30 Km al giorno ed è lì il diluvio di morti, cioè il 16 dicembre del 1942. Quando crede di essere finito, lo salva Irina, altro personaggio di rilievo del romanzo, che è in fuga da Dimitri, ballerino e partigiano, partigiano e ballerino, +di cui, poi, vedremo la “mutazione” particolare. Irina resta vedova di un ufficiale sovietico morto in guerra; per proteggere Gabriele è costretta ad adottare uno stratagemma, una sorta di trovata farsesca, farlo passare per sordomuto, cugino del marito deceduto in guerra, sordomuto perché così non parla e non sente; deve far finta soprattutto di non sentire e di non sapere niente di quello che viene detto intorno a lui, altrimenti verrebbe scoperto e la repressione nei suoi confronti sarebbe immediata. Gabriele comincia così una singolare vita da clandestino. È come se uscisse dalla vita ufficiale e cadesse nella clandestinità, confortato soltanto dal sentimento di affetto di Irina.
Cosa succede nello stesso tempo a Napoli? In quel dicembre del ’42, a Napoli c’è un furioso bombardamento. Il romanzo apre un altro squarcio che arriva fino alle “Quattro giornate”, cioè alla resistenza dei napoletani soprattutto contro la ferocia dei tedeschi. Mariuccia, per sottrarsi al barone che la insidia, è fuggita nella Casa dell’Annunziata che, nella tradizione sociale con la sua famosa ruota, ha avuto un ruolo molto importante per i bambini abbandonati. Lì, nella Casa dell’Annunziata nasce Giuseppe. Lei, donna non esperta della vita impara subito l’arte della sopravvivenza. Come rammentatrice di calze di nylon che a quel tempo si portavano, lavora in un basso dei quartieri spagnoli. Con questa attività e con un altro lavoro che la porta a diventare venditrice di biancheria di pregio, trova il modo di crescere il figlio, di mantenerlo agli studi, di farlo laureare in medicina e specializzare in cardiologia; circostanza questa non secondaria, perché, poi, con gli altri elementi confluirà nel finale del romanzo. Di Gabriele lei non riesce ad avere più notizie. Ufficialmente è disperso, mentre la sua vita, in Russia, diventa presto un calvario. Con il nome di Vladimir Prowskji, sordomuto per un trauma di guerra, lavora in una fabbrica di Kursk. Con Irina è Gabriele, con Irina non può non essere Gabriele, ma con tutti gli altri è Vladimir, con questa sua seconda personalità, questa nuova identità, sempre attento a non farsi scoprire. Irina è impegnata nella diffusione di opere clandestine che alimentano il dissenso e la resistenza a questo residuo di stalinismo. Stalin è morto da tempo, ma il peggio gli sopravvive come espressione di ogni forma di repressione. Lei che ha avuto rapporti con Dimitri si è impegnata nella diffusione clandestina di opere proibite messe all’indice dal regime. Gabriele ne viene coinvolto e subito arrestato con l’accusa di attività organizzativa antisovietica. Preso e sbattuto in carcere.
Il romanzo ci riporta in Italia, a Napoli la vita procede su altri binari. Giuseppe, che non conosce il padre se non per quello che gli racconta la madre, si sente figlio di un eroe di guerra, caduto per difendere la patria; ma mentre glielo dice Mariuccia non crede nella morte del marito, o almeno spera quasi con accanimento che sia vivo e che un giorno possa ritornare. Cosa succede a Giuseppe? Presa la laurea, va Firenze a portare soccorso dopo la terribile alluvione. A Firenze conosce Donella che viene da Augusta ed è anche lei orfana di guerra. Un incontro che avrà un esito tragico.
A Mosca per far uscire Gabriele-Vladimir dal carcere - diventa sempre più forte il suo senso di colpa - Irina è costretta a rivolgersi a Dimitri, quel compagno dal quale fuggiva all’inizio del romanzo che, nel frattempo, da partigiano che era, è diventato alto dirigente del KGB, la terribile polizia politica. Irina è costretta ad accettarne l’ospitalità nel suo appartamento privato: è quasi un’offerta di sacrificio nel tentativo di salvare Gabriele-Vladimir. Dopo un po’ di tempo Dimitri si sente moralmente obbligato a far rientrare Vladimir in Italia. La vicenda gli è chiara. Vladimir anche per lui è Gabriele. Riesce a farlo rientrare in Italia come membro di una delegazione che viene in visita ufficiale nel nostro paese. A Napoli l’emozione e lo stress portano Gabriele al collasso. Viene ricoverato al Loreto e lì è Giuseppe che fissa con tenerezza quel volto di dolore, sente il polso di suo padre e teneramente attende. La storia finisce con puntini sospensivi. Diciamo che si possono immaginare molte cose che non è il caso qui di dire, perché il piacere di leggere consiste anche nel vedere pagina per pagina quali sono i risvolti di questa trama di così ampio respiro.
Allora, la riflessione: E’ un romanzo che segue la grande tradizione dell’800, soprattutto occidentale, che si svolge su un lungo arco di tempo, con una coralità di personaggi, ognuno portatore di una storia. Personaggi che meriterebbero di essere ulteriormente sviluppati come nuclei tematici di altri racconti, piccoli romanzi, all’interno di un romanzo che diventerebbe un grande contenitore. Quindi trama e romanzo di ampio respiro dentro contesti storici molto precisi con autentici drammi esistenziali, con un grande conflitto di sentimenti. Intanto il contesto della seconda guerra mondiale con la retorica militaristica del credere, obbedire, combattere, all’insegna di quel precetto “i nostri superiori sanno quel che fanno”. Così dice Gabriele. Napoli, i bombardamenti, la resistenza accanita ai tedeschi con quel moto popolare delle “Quattro giornate” che non è stato proprio una rivoluzione con tanto di direzione strategica, ma un moto spontaneo di ribellione contro la gratuita violenza tedesca.
L’Unione Sovietica prima dello sgretolamento; subito dopo si avrà la guerra fredda e poi la caduta del muro di Berlino nel 1989. Lo sgretolamento dell’Impero Sovietico aiuterà la formazione di stati autonomi con l’appropriazione della loro identità, come la Iugoslavia che diventa uno stato satellite. È una forma di ribellione al partito guida e allo stato guida. Ma tutto questo non è argomento di polemica politica da parte di Annamaria Amoroso; è soltanto per dire in quale contesto si situa la tormentata e travagliata vicenda di Vladimir nell’Unione Sovietica ai tempi della guerra fredda e del dissenso con questi tenaci residui di repressione. Ad un certo punto compare il nome di Togliatti che morirà a Yalta nel ’64, lasciando quel famoso “memoriale”. Proprio Yalta era stata la sede in cui si riunirono le potenze per elaborare il famoso “testamento” che divideva il mondo e soprattutto l’Europa.
I personaggi: romanzo di contesto, di ambienti, ma soprattutto di personaggi. Gabriele: lo vediamo con il corpo di atleta, testa bionda di furbo cherubino, cresciuto con l’idea – come gli diceva il padre – “che chi fa il soldato diventa uomo”. Si sposa ma non ha neanche il tempo di accorgersene, in Russia è costretto ad assumere i panni di Vladimir; ascolta ma non può rispondere né mostrare emozioni che possono tradirlo. Naturalmente continuano ad agire su di lui il senso o il non senso della guerra nella quale “mai nessuno è padrone del proprio destino”. Qui andiamo piano piano a chiarire il titolo – siamo come moscerini in un ingranaggio assurdo. - Piano piano lui avverte, in questa sofferenza, in questo calvario, rigurgiti di nostalgia, quella nostalgia che diventa la sua vera malattia. Desidera sentire parole della sua lingua, riconosce il valore delle parole, sente un’ansia di libertà, in cella ha pensieri che lo tormentano, vuole recuperare il suo passato e la sua identità, vuole quasi tentare di rimettere indietro l’orologio della sua vita che aveva vissuto con questo bioritmo; la guerra lo aveva travolto con il suo non senso. Mariuccia, Irina e Teresa lo avevano amato, ma lui non aveva saputo ricambiare; quindi lento, sofferto, tormentato rientro di Vladimir in Gabriele: il suo non io rientra nell’io, rientra nella sua vera dimensione umana. Accanto a Gabriele c’è Mariuccia, una donna senza radici, ma una donna di volontà. Appena è incinta sente l’orgoglio, il dovere e l’impegno di custodire il segreto di una vita; affronta con coraggio le avversità, chiede continuamente notizie del marito e lo sente vivo anche quando per tutti, e ufficialmente, è disperso in Russia. È ancora una donna bella, interessante, attraente, resiste alla tentazioni, alle sollecitazioni o agli inviti a rifarsi una vita. Si consacra al figlio con una gelosia a tratti morbosa ed irragionevole. Segue però “la strada dell’amore” a rischio di ritrovarsi “nella palude dell’odio”. Alla fine diventa prigioniera “di un sogno fatto di ragnatele”- è questa un’espressione molto bella.
Accanto a Mariuccia compare Teresa: due donne a confronto con un punto in comune. Sarebbe molto bello leggere quella pagina, ma sarebbe anticipatrice di quello che ciascuno lettore dovrà scoprire. Teresa è una figura che viene fuori dalla migliore tradizione narrativa siciliana: quelle donne che sanno assumere e avere un carattere, contrapporsi e rifiutare i luoghi comuni, tutto l’armamentario medievale. Delusa da una precedente esperienza, rifiuta i rituali della sua terra, vuole a tutti i costi un figlio. È la sua rivincita, la sua sfida. Gabriele “entra nella sua carne come un affamato della vita” lei “lo accoglie per ricevere una nuova vita da lui”.
C ‘è Donella, figlia di Teresa, figura da tragedia greca; aveva incontrato Giuseppe a Firenze, l’uomo sbagliato. Una credenza popolare dice che gli incontri di venerdì santo sono incontri di sofferenza: è come se si sentisse predestinata ad una fine da tragedia greca. Sentirsi molto legata, visceralmente legata ad un uomo che non può essere amato, perché non è un uomo qualunque.
C’è poi Irina, figura che viene sviluppata nella parte finale del romanzo. Alla fine compie anche lei un grande sacrificio che non è quello di accettare l’ospitalità nell’appartamento privato, ma lasciare andare Gabriele per amore, per un forte sentimento. Ad un certo punto anche Irina dovrà riflettere sul valore simbolico della “Samara alata”, della metafora espressa nel titolo.
Arriviamo alle chiavi di questo libro: C’è un Moloch, cieco e ingovernabile che è come se fosse il destino che pesa, che grava su ciascuno di noi, ma c’è soprattutto la metafora di questa samara. Lo spiega bene il barone che aveva preso in grande simpatia Gabriele. Ad un certo punto i due parlano. Dice Gabriele: “Vedete signor barone? questi frutti sono i pan di maggiolino - e intanto glieli mostra tra le mani. Gli dice che erano buoni a mangiarsi che ne aveva mangiati tanti con i suoi compagni quando era ragazzo. Sua nonna sapeva fare una frittata molto saporita con i pan di maggiolino. Il barone ascolta con curiosità. - Dovremo provare allora, questa frittata se è tanto buona; questi che tua nonna chiama frutti, sono samare e sono provviste di una membrana alata. Compiaciuto di dare dei punti al giovane autista spiega che una samara, trasportata dal vento, lontano dalla pianta madre, è capace di nuova vita arborea, se trova terreno favorevole. Se tu pensi… la samara è come un essere umano che sa dove nasce, ma non sa dove andrà a vivere, - e non volle aggiungere – a morire.”
Quanta samara c’è probabilmente nel destino di ciascuno di noi! Noi non sappiamo ancora, e non sappiamo se lo proveremo, ma i protagonisti di questo libro lo provano sulla loro pelle ed è oggetto di aspettative, di sofferenze, di tormento.
C’è questo Moloch, cieco e ingovernabile che è il nostro destino. Allora, come si vede, è un romanzo ampiamente strutturato che segue molto bene i classici della narrativa da romanzo, che propone molte storie dentro la storia principale. Romanzo di sentimenti e di sacrifici eroici espressi con una tecnica narrativa suggestiva e coinvolgente. I monologhi che ad un certo momento interrompono i dialoghi, è come se fossero momenti di approfondimento e di raccoglimento di cui ognuno sente il bisogno; è come se il filo principale del discorso si fermasse per consentire che dentro i dialoghi consentiti, questi monologhi diventino approfondimento della propria intimità. È interessante la scrittura: lineare, densa, piacevole, persino rasserenante pur nella trama di tragedia che si avverte intorno. Una scrittura distensiva che riesce a catturare il lettore. Perché? Perché l’autrice scrive dopo aver sedimentato nei tempi giusti. Si vede che non si fa prendere dalla fretta di pubblicare. Del resto diceva una scrittrice che ho molto ammirato “Per fare un figlio occorrono nove mesi, per scrivere un libro occorre molto di più ed anche una maturità superiore”.
L’autrice mette in gioco e attinge alla sua formazione classica, una formazione che va dai classici greci alla drammaticità di certe atmosfere che soltanto Lucrezio nel De rerum natura poteva rappresentare, fino ai grandi della letteratura italiana. C’è una confluenza che potremo considerare una contaminazione molto positiva di risonanze manzoniane, ma con un vissuto letterario tutto proprio, molto intenso e profondo.
Allora qual è il pregio di questo libro? Che cattura il lettore e impegna a seguire l’autrice con grande attenzione lungo tutto il percorso narrativo. Direi, in conclusione, che il piacere di chi ha scritto questo libro corrisponde perfettamente al piacere di chi lo legge.

Giovanna Mazzeo ha detto...

Ho letto il romanzo “Samara alata” e mi è piaciuto moltissimo.
La trama suscita subito interesse e curiosità e le pagine scorrono in fretta. La forma letteraria è perfetta, i luoghi e gli ambienti sono descritti con precisione come chi li conosce a fondo.
I personaggi hanno ognuno il proprio carattere, evidenziato da una scrittrice che s’intende di psicologia.
È un bel libro! Per me che ho vissuto da giovane l’ultima guerra, è tornato vivo il ricordo di quei tempi e principalmente dell’incursione su Napoli del 4 dicembre 1942, quando anch’io ero per strada per via Toledo con una mia amica. Ci rifugiammo in un portone e la mia amica Enzina, tornando a casa sua in via Monteleone alla Porta, trovò che era crollata.
Aspetto di leggere al più presto un altro romanzo avvincente e interessante come i due che ho letto, come ripeto, con immenso piacere. Giovanna Mazzeo